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Vergine leggente

attribuito a Antonello da Messina , ca. 1450 - 1460

Descrizione
Vergine leggente attribuito a Antonello da Messina

L’opera è stata generosamente donata al museo nel 2018 da Luciana Forti, in ricordo del padre Mino. Nel dipinto la Vergine è raffigurata di tre quarti a mezzo busto, con un libro aperto tra le mani. Maria, abbigliata con un velo bianco che le copre il capo e un manto blu su cui spicca una spilla con perle e un grande rubino “cabochon” al centro, ha distolto gli occhi dalla lettura ed è rivolta verso lo spettatore; lo sguardo sembra però perso nel vuoto, come se un pensiero improvviso l’avesse colpita. In alto due minuscoli angeli volanti tengono sospesa sopra la sua testa una corona d’oro tempestata di perle e pietre preziose da cui spuntano gigli bianchi, simbolo di castità e purezza, rose rosse, allusive al sangue versato da Gesù durante la passione, e campanule, che rimandano al lutto. L’immagine rappresenta dunque una premonizione del futuro sacrificio di Cristo. L’iconografia dell’opera, nata per la devozione privata, deriva da modelli fiamminghi.
La si ritrova ad esempio nel Polittico dell’Agnello mistico della cattedrale di San Bavone a Gand, eseguito tra il 1426 e il 1432 da Hubert e Jan van Eyck, in cui la Vergine, intenta alla lettura di un libro, reca sul capo una corona da cui spuntano gigli bianchi e rose rosse. I due piccoli angeli volanti che incoronano Maria compaiono anche in due altre raffigurazioni strettamente legate a quest’opera e ad Antonello da Messina: la Vergine leggente del Walters Art Museum di Baltimora e la Madonna Salting della National Gallery di Londra.
La tavola donata al Museo Poldi Pezzoli è stata attribuita alla fase giovanile di Antonello da Messina da Roberto Longhi nel 1944: secondo lo studioso si tratterebbe di una delle prime opere eseguite dal pittore messinese durante il suo periodo di formazione in Italia meridionale, sotto l’influsso di artisti quali il Maestro del Trionfo della Morte a Palermo e Colantonio a Napoli. Il riferimento critico è stato messo in discussione da altri studiosi, che ritengono l’opera una copia da un originale di Antonello, o spostano l’attribuzione in direzione di un pittore valenzano vicino allo stile di Jacomart Baço, Pere Reixach e Bartolomé Bermejo. L’alta qualità esecutiva, così come la presenza di un ritocco molto vistoso nella mano destra della Madonna, tenderebbero però ad escludere che possa trattarsi di una copia.
Il supporto in legno di pioppo, inoltre, sembrerebbe potersi riferire a un artista italiano – o perlomeno indicare che l’opera sarebbe stata eseguita in Italia –, dato che nel XV secolo nelle Fiandre era utilizzato il legno di quercia, e in Catalogna quello di conifera. Analisi tecniche condotte negli ultimi anni hanno permesso di individuare sotto la superficie pittorica un precedente dipinto, riferibile allo stesso autore, che raffigura, all’interno di un’architettura di stile gotico, l’Arcangelo Michele con la spada alzata sopra la propria testa, in procinto di colpire il demonio che giace ai suoi piedi.

Scheda tecnica

Artista

attribuito a Antonello da Messina, 1430 ca.- 1479

Data

ca. 1450 - 1460

Materia e tecnica

tavola (pittura a olio, pittura a tempera)

Dimensioni

38,7 cm x 26 cm

Acquisizione

donazione Luciana Forti in memoria del padre Mino, 2018

Inventario

6286
ubicazione
Salone Dorato

Il Salone Dorato è la stanza più importante del Museo e ospita i capolavori di pittura della collezione Poldi Pezzoli. Concepito secondo i dettami dello stile rinascimentale, è stato progettato per essere il salone d’onore dell’appartamento di Gian Giacomo. Dopo la morte del collezionista, Giuseppe Bertini ha portato avanti i lavori: sfortunatamente sia il soffitto a cassettoni dorati, sia gli affreschi, dipinti dallo stesso Bertini, sia le decorazioni in stoffa damascata che rivestivano le pareti, sono stati distrutti dai bombardamenti. L’attuale sistemazione museografica risale agli anni Novanta. Tra le opere esposte si possono ammirare il Ritratto di Dama attribuito a Piero del Pollaiolo e diventato simbolo del Museo, l’Imago Pietatis di Bellini, il Compianto sul Cristo Morto di Botticelli, la Madonna con Bambino di Mantegna e San Nicola da Tolentino di Piero della Francesca. Nella vetrina che separa il Salone Dorato dalla Sala degli Stucchi sono esposte le collezioni di porcellane e maioliche.

collezione
Dipinti

Tra i più di 300 dipinti, il vasto gruppo di opere italiane del Rinascimento comprende capolavori toscani (Botticelli, Piero della Francesca, Pollaiolo), lombardi (Luini, Boltraffio, Solario) e veneti (Bellini, Mantegna). Significativo anche il nucleo di dipinti del Settecento italiano (Guardi, Canaletto, Tiepolo, Fra Galgario). Prevalgono ritratti e dipinti di piccolo formato.

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