Itinerario Piero
1.
Taschetto all’orientale (inv. 2517)
Norimberga, 1550-1570 circa
Acciaio inciso, bronzato e dorato
Armeria, vetrina 3
Quando Piero dipinge la Crocifissione, attornia la scena da un gruppo di soldati romani. Con uno stratagemma simile a quello utilizzato negli affreschi della vera croce ad Arezzo, per enfatizzare l’ubicazione esotica, fa indossare al guerriero sotto la croce un taschetto all’orientale, un tipo di elmo appuntito e concluso da un pennacchio che si era diffuso in Asia sin dal XIII secolo e nell’impero bizantino.
Piero potrebbe avere visto al Concilio di Ferrara e Firenze (1438-1439) un oggetto di questo tipo, indossato dalla delegazione dell’imperatore Giovanni VIII paleologo venuto da Costantinopoli. I testimoni dell’evento credevano che i copricapi bizantini rispecchiassero la tradizione inalterata dell’antichità paleocristiana. Inoltre, esemplari raccolti come trofei di guerra esistevano in molte armerie occidentali.
La forma del taschetto rimarrà in uso fino al Seicento e influenzerà anche le armi usate in occidente. Questo esemplare risale al 1550-1570 ed è realizzato a Norimberga per il mercato islamico.
2.
Storte (inv. 1788, 1791)
Venezia (?), 1620 circa
Acciaio lavorato e fil di ferro
Armeria, vetrina 3
La spada impugnata da San Michele, per via della curvatura della sua lama, viene chiamata storta.
Al Museo Poldi Pezzoli sono conservate due storte molto simili. Si tratta di un’arma piuttosto diffusa tra le fanterie tardomedievali europee, che è parente prossima del falcione e della giusarma, tipologie in cui si fondono ricordi classici (la kopis o la machaira dei greci) e contaminazioni mediterranee medievali, che avvicinano il falcione alla scimitarra e ne fanno un’arma all’antica e al tempo stesso sincretista. Quella del San Michele, come le spade qui esposte, è nobilitata all’estremità da un pomo dal gusto tipicamente quattrocentesco, con il braccio di guardia che si piega a protezione della mano, e perfino un’impugnatura in tessuto o cuoio blu, e dunque in tinta con la corazza.
3.
Piero del Pollaiolo
(Firenze 1443 – Roma 1496)
Ritratto di giovane donna (inv. 442)
1470 circa
tempera e olio (?) su tavola
Salone Dorato
Questa è l’opera simbolo del museo e venne acquistata da Gian Giacomo Poldi Pezzoli poco prima del 1872 come opera di Piero della Francesca, e fino agli inizi del Novecento fu da molti critici ancora creduta del maestro. Per contro il San Nicola di Tolentino fu comprato da Gian Giacomo Poldi Pezzoli come opera del coevo Fra Carnevale da Urbino (c. 1420–25 – 1484). Finalmente nel 1912 lo storico dell’arte August Schmarsow attribuì a Piero il San Nicola.
4.
Cappuccio di piviale con Incoronazione
della Vergine
su disegno di Sandro Botticelli
(inv. 444) Firenze, 1480 circa
seta, oro e lino
Salone Dorato
I paramenti sacri più lussuosi, come quello indossato da Sant’Agostino, erano arricchiti da ricami, eseguiti da artigiani esperti. Questo è eseguito con la tecnica dell’or nué, in cui fili di seta colorati sono fissati su fili d’oro (sottili strisce d’oro avvolte attorno a un’anima di seta) distesi orizzontalmente, a costituire la trama di fondo.
In casi eccezionali l’ideazione era affidata a grandi artisti. Il disegno dell’Incoronazione della Vergine è attribuito a Sandro Botticelli, sulla base del disegno preparatorio che è emerso al di sotto del ricamo durante il restauro. È un disegno a ripassato a penna, trasferito su seta da un cartone forato e spolverato con polvere di carbone, una tecnica utilizzata anche da Piero nel polittico di Borgo San Sepolcro.
5.
Corazza anatomica (inv. 2424)
Apulia, sec. IV a.C.
Bronzo
Sala Franzini
Come il soldato romano ai piedi della croce, anche il San Michele indossa una muscolata, corazza anatomica impiegata delle più alte cariche dell’esercito romano, all’epoca di Piero tale protezione era ancora indossata dai soldati bizantini.
E’ un pezzo assai raro, probabilmente pugliese e risale addirittura al IV secolo a.C., realizzata modellando una lamina in bronzo. Conserva ancora sulle spalle e sui fianchi le cerniere e un anello mobile per i lacci di chiusura.
La corazza del San Michele è in cuoio cotto colorato di blu, rinforzata da elementi metallici a protezione delle spalle, da strisce in cuoio a protezione delle braccia e delle gambe ed è impreziosita da perle e pietre preziose. Per la sua raffinatezza è più adatta a un trionfo spirituale che a un combattimento terreno, come questa corazza bronzea.
6.
Borchia di piviale (inv. 556)
Siena (?), XIV secolo
Rame dorato, smalti
Sala degli ori
Il piviale di sant’Agostino è chiuso da un fermaglio d’oro e smalto raffigurante Cristo che emerge dal sepolcro su un fondo blu intenso. Si tratta di un oggetto assai simile alle oreficerie dell’epoca, come dimostra questo oggetto trecentesco. In entrambi i casi la sagoma è a forma di rombo quadrilobato contornato da una fascia di piccole sfere. Qui le figure dorate si stagliano contro un blu cupo e raffigurano l’Angelo annunciante e la Vergine. Per motivi stilistici si ritiene che esso fu realizzato a Siena nella prima metà del XIV secolo.
7.
Croce d’altare (inv. 523)
Milano, 1511
Argento, argento dorato, cristallo di rocca e rubini
Sala degli ori
Il pastorale tenuto da Sant’Agostino è in oro e cristallo di rocca, materiale prezioso e molto usato negli arredi sacri. Si tratta di una variante incolore del quarzo e il suo nome deriva dal greco kruos, ghiaccio; per il suo aspetto etereo è simbolo di purezza. In questa croce potete ammirare dal vivo la trasparenza del materiale. Il fusto del pastorale di Piero è di una lunghezza inverosimile, non solo per la fragilità di questa pietra, ma anche per le dimensioni delle formazioni reperibili in natura.
8.
Anello (inv. 647)
Italia, XIV secolo
Oro, smalti e cristallo di rocca
Anello (inv. 660)
Francia (?), fine del XV secolo
Oro e cristallo di rocca
Sala degli ori
Ad enfatizzare il ruolo di principe della Chiesa, sant’Agostino indossa sopra i guanti di seta anelli in oro e pietre preziose. Guardate gli anelli al centro della terza fila con al centro un rubino: essi risalgono proprio al XV-XVI secolo e rivelano la fedeltà assoluta di Piero nel restituirci lo stile delle oreficerie coeve.
9.
Cintura da donna (inv. 573)
Lombardia, fine XV secolo
Argento, argento dorato, tessuto d’argento
Sala degli ori
Questa cinta femminile in tessuto d’argento dorato e arricchita da ventidue stelle radianti a rilievo risale all’ultimo quarto del Quattrocento ed è coeva alla cintura che indossa san Nicola da Tolentino.
La sagoma della fibbia è infatti quasi identica; tanto è semplice quella indossata dal frate marchigiano tanto è ricca di dettagli sontuosi questa cinta, probabilmente appartenuta ad una dama aristocratica lombarda.
10.
Frammenti di tessuto (inv. 3363 e 3191) Italia
Fine del XV secolo
Seta, argento e argento dorato;
Velluto tagliato, allucciolato, operato ad un corpo con trame lanciate
Parte di Pianeta (inv. 235)
Italia o Spagna?, 1550-1600
Seta, argento e argento dorato velluto tagliato operato a un corpo con trame lanciate e broccate bouclé
Sala del collezionista
I frammenti di tessuto presentano la stessa decorazione a cardi e melagrane della veste della Vergine dipinta da Piero della Francesca ai piedi di san Michele. Si tratta di un velluto in seta, oro e argento realizzato su telai complessi detti “a tiro”. A dare il colore rosso è la pregiata e costosa tintura cremisi. I piccoli riccioli in metallo (trame bouclé) accostati alle parti in seta, in qualche velluto persino tagliate a varie altezze, conferiscono un effetto tridimensionale al manufatto, come è visibile anche nel broccato del piviale di sant’Agostino dipinto da Piero. Quando i riccioli in oro e argento si trovano sparsi sul fondo, brillando come lucciole, danno vita invece all’”allucciolato”.
Questi tessuti erano molto preziosi e venivano utilizzati per abiti e arredi solo in occasioni speciali come vedete nella scena di corte nell’arazzo alle vostre spalle.