Stipo
Roma , metà sec. XVII; integrazioni XIX secolo
Descrizione
Questo stipo monetiere, in ebano con intarsi in pietre dure, è uno dei mobili più celebri del Museo. Esso, dotato di numerosi cassettini e piccoli sportelli, rientra in quella tipologia di stipi di origine olandese che ebbe grande diffusione in Italia dalla metà del XVI secolo. Il “commesso”, ossia la composizione di diverse pietre silicee, è stato a lungo ritenuto di produzione toscana, ma è da attribuirsi piuttosto a un laboratorio romano: alla Roma della metà del XVII secolo rimanda infatti l’utilizzo di pietre lucidate e collocate secondo uno schema geometrico lineare ed elegante, come testimoniano diversi esempi di tale tipologia di “mosaico litico”; questi ultimi si rivelano dunque distinguibili dalla coeva produzione del Granducato fiorentino, le cui raffigurazioni non erano mai prive di motivi floreali, adottati dagli ebanisti romani solo in epoca più tarda.
Preziosa, anche per l’accurata scelta delle pietre, è la parte centrale. I fianchi e gli sportelli hanno subìto interventi e manomissioni, particolarmente evidenti per la differente qualità delle pietre utilizzate nella parte interna degli sportelli. Nel 1859, in occasione di un primo restauro, Giuseppe Speluzzi (Milano, 1827-1890) intervenne sull’ossatura interna dello stipo e aggiunse il basamento in ebano con due leoni alati in bronzo dorato. Nel 1881, infine, egli completò il coronamento dello stipo con l’aggiunta del grande calice tedesco in argento del XVIII secolo, la cui base è costituita da un unicorno rampante cavalcato da un’elegante dama, oreficeria che spetta all’argentiere Johannes Biller (1696-1745), appartenente a una famiglia di orafi attivi ad Augusta tra Seicento e Settecento.
Scheda tecnica
Artista
Roma
Data
metà sec. XVII; integrazioni XIX secolo
Materia e tecnica
legno di ebano; diaspro; agata; lapislazzulo; bronzo dorato; argento
Dimensioni
147 cm x 121 cm x 83 cm
Acquisizione
legato Gian Giacomo Poldi Pezzoli, 1879
Inventario
1128
ubicazione
Sala Nera
La Sala Nera è una delle sale storiche del Museo, originariamente il salotto dell’appartamento di Gian Giacomo Poldi Pezzoli. Ispirata allo stile Rinascimento del Nord, evocato dal grande polittico fiammingo esposto a parete, ha continuato a chiamarsi Sala Nera nonostante la distruzione dei finissimi rivestimenti in ebano. Sono fortunatamente sopravvissuti ai bombardamenti i mobili e le porte, disegnati da Giuseppe Bertini e realizzati dall’equipe degli artigiani Giuseppe Speluzzi, Luigi Barzaghi e Pietro Zaneletti.
collezione
Arredi
Gian Giacomo Poldi Pezzoli raccolse importanti mobili italiani: cassoni rinascimentali, stipi impreziositi da intagli e intarsi, arredi in pietre dure fiorentini, specchiere lombarde e veneziane. Straordinario è anche il nucleo dei preziosi arredi ottocenteschi, realizzati dagli artigiani milanesi su disegno di Giuseppe Bertini per arredare la casa del collezionista.